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LA STORIA

Mi chiamo Populus Nigra, ma la gente comune mi chiama in diversi modi: fiopa, piop, alber. I Romani mi chiamavano Pop-lus, poi divenuto pioppo nella lingua italiana; i Greci mi hanno chiamato PÀL - lô che significa agito per via del mio modo di agitare le foglie allo spirare del vento.

Mi hanno conosciuto le Eliadi, sorelle di Fetonte, morto per opera di Giove, le quali trasformarono le loro lacrime indurite dal sole in ambra.

Le piante della mia specie erano presenti in queste terre quando le prime guarnigioni romane attraversavano questa pianura, incontrando bellicose popolazioni celtiche che abitavano folte selve ed insidiose paludi. I torrenti ed i fiumi che scendevano dall’Appennino creavano vastissime aree ideali per tutte le specie più nobili che giungono fino ai giorni nostri. I miei avi provengono da ere remote di molti milioni di anni, come testimoniano i numerosi reperti fossili presenti in diversi continenti del pianeta.

Il mio ambiente ideale è caratterizzato da terreni freschi della pianura e dalle vallate attraversate da fiumi, torrenti e bagnate da fredde acque di lago. La mia famiglia ha vissuto grandi mutamenti climatici, compreso il periodo che segue l’ultima glaciazione, affrontando difficili condizioni ed ambienti avversi.

Sono nato da un seme vagante trasportato dal vento, grazie ad un involucro di bianca cellulosa, che mi ha adagiato nei pressi di un rivolo d’acqua, forse 150 o 160 anni fa, non ricordo bene. In quel tempo facevo parte di una grande famiglia, che nel tempo l’uomo, che tanto ho amato, ha via via distrutto per far posto ad altre sue attività. Udivo ogni sera il canto delle rane che gracidavano in fossi e rivoli sempre pieni d’acqua anche durante l’estate.

Ero giovanissimo e ricordo a malapena di fermenti, e di tumulti, e il vociare di lingue ostili che non conoscevo e canti, grida di italiani che inneggiavano ad un’Italia unita senza stranieri, tutta per loro.

Ho visto distese di messi e di grano accudite da grandi famiglie di contadini che lavoravano dall’alba al tramonto soffermandosi di tanto in tanto alla mia ombra per prender fiato e per bere un bicchiere di vino fresco.

Ho ascoltato con discrezione le loro confessioni, le loro preoccupazioni per la difficoltà a guadagnarsi giorno per giorno un pasto frugale. Ho udito l’affannoso dibattere tra i capi famiglia durante la vendita dei pochi prodotti della terra per guadagnare qualche soldo in più per sopravvivere.

Ho riscaldato con rami secchi le fredde cucine del contadino durante i lunghi e freddi inverni nel mio passato remoto.

Ho sfidato intemperie, fulmini, ed incendi che per innumerevoli volte hanno minacciato la mia vita.

Poi pian piano sono arrivate le macchine, nei campi, nella vicina strada e in altri luoghi che non vedevo.

Ho sottratto per quasi un secolo i veleni presenti nell’aria, restituendo all’uomo ossigeno vitale, per la sua salute per la sua crescita.

Con stupore e meraviglia ho visto il viandante camminare faticosamente sotto il sole d’agosto, poi curiose biciclette e buffe automobili che sollevavano intense nubi di polvere, proprio qui di fronte alla mia strada.

Infine l’eco continuo e tremendo di due grandi conflitti con morte e distruzione.

In un tragico mattino ho visto uomini dall’accento straniero condurre con violenza le tre generazioni di una famiglia: padre, figlio e nipote assieme ad un altro galantuomo sotto le mie grandi “braccia” utilizzate per la loro impiccagione.

Da quel momento ho percepito sempre più un senso di tristezza ed una sensazione di rispetto sempre più effimero, sempre più modesto dell’uomo nei miei confronti.

I fossi, ricchi di acqua cristallina, si sono asciugati. Il gradevole gracidare delle rane è scomparso. L’abbondante manto di neve che favoriva il mio riposo invernale è venuto via via scomparendo. L’aria che attraversava gradevolmente il mio corpo si è trasformata in un etere sgradevole e dannoso per me , sempre più grande, sempre più vecchio.

Poi con mio grande stupore qualcuno ha cominciato a vedermi come un nemico, un pericolo e a minacciarmi di morte. Poi con il rombo di una macchina infernale ho percepito il senso della mia fine.

Sono caduto al suolo, non ho più visto il cielo, il volo degli uccelli e la mia strada, che per tanti anni, mi ha dato il senso del mutare dei tempi durante le mie innumerevoli primavere.

O bambino, che leggi queste mie memorie, ti affido il compito di cambiare il tuo futuro. Rispetta gli alberi, rispetta chi ti vuole bene, rispetta il creato nella sua grandezza, nel suo splendore, e avrai la vita.

 

 

Prof. Fabrizio Manfredi

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